Spero che Giorgio non me ne vorrà se, oggi, nel presentare
la sua opera – penultima di questa collettiva realizzata a fini benefici –
celebro l’amico anziché soltanto l’artista. E lo stesso farò per l’ultimo degli
autori nei prossimi giorni, il goriziano ma trapiantato in Friuli, Mariano
Zian.
Ciò in quanto mi diventa difficile, oltre che spinoso, anche
soltanto pensare di cimentarmi in un giudizio critico, nella più ampia
accezione del termine, di artisti che possono vantare recensioni qualificate da
parte di chi “valuta” per mestiere.
Peraltro, nel sito personale di ciascuno dei poeti-pittori
che hanno ridato vita alla corte virtuale- (per certi versi ancestrale) sono
disponibili qualificate analisi da parte degli addetti al mestiere.
Quelle di Giorgio Valvassori a questo indirizzo.
Ho tuttavia estrapolato, dalle note critiche, perché
assolutamente attinente alla esperienza di “Ritratti e bestialità di corte” un
passaggio che mi sembra significativo per rappresentare il presupposto
dell’opera di Valvassori: “Fare un'opera è mettere in opera e non semplicemente
elaborare una forma, in un costante e non casuale riferimento ai modi e ai
tempi dello scorrere del tempo, sia quello della natura che quello della mente”.